Piatti della vecchia cucina
("modestamente" consigliati da Piero Rodoni vincitore della gara: La prova del cuoco RAI 1)
Risót dal Cèk - risotto con zafferano e midollo (piatto forte dell'Osteria della Pista già dal 1890)
Panàva — piatto povero che sfruttava gli avanzi del giorno prima.
Minestra d’órz — piatto comune sulle tavole dei nostri nonni.
Pàñ còtt — minestra a base di pane.
Süpa — piatto povero preparato solitamente per usufruire del pane vecchio indurito.
Büþéca — minestra con trippa.
Riþ e curàva — riso con polmone.
Cazœra - tipico piatto invernale.
Stüàa d’àþin — classico stufato, con la carne di asino.
Pulàstar in dal stüéñ — pollo alla cenere particolarmente gustoso.
Pulénta - vecchio piatto tradizionale contadino, oggi quasi sparito dalle nostre cucine.
Rustisciàva - fritto.
Fabúñ — condimento o soffritto.
Insalata e ciàpp — piatto rinfrescante a base di insalata e uova sode.
Cutìscia — classica frittella, fatta in occasione della festa di S. Giuseppe.
Brüþéla — specie di focaccia preparata con i resti della pasta del pane.
Cafelàcc — cena alternativa, molto fugale e di poca spesa.
Rüsümàva — il “tirami su” dei nostri nonni.
Zabajúñ — il “ limoncello “ dei nostri nonni.
Làcc e véñ — antica “ bibita “ dei mesi estivi.
Pùlt — piatto tipico Casoratese a base di “pòlta”.
Fritüra da sàngh rustì — bistecca dei poveretti.
Aghétt — (ball dal tór tajà a fétt) — non acquistabile dalle donne….
Sancarlèñ — formaggio casereccio piccante.
Furmagìna — formaggio dei poveri.
Riþ in cagnúñ - riso in bianco.
Preparazione e cottura
3° premio "Risót giàld dal Cèk da la Pista" ricetta di Dina Zanellato.
Ingredienti per 4 persone:
400 gr. di riso per risotto (io ho usato il Vialone nano)
1 litro di brodo di carne
½ bicchiere di vino bianco secco
50 gr. di burro
60 gr. di midollo di bue
60 gr. di grana padano
1 cipolla
1 bustina di zafferano
sale q.b.
Procedimento:
Facciamo soffriggere la cipolla nel burro e aggiungiamo il midollo di bue. Cuociamo a fiamma media. Il midollo si scioglierà molto lentamente.
Aggiungiamo il riso e cuociamo a fuoco medio ancora per qualche minuto.
Mescoliamo delicatamente in continuazione per qualche minuto, aggiungiamo il vino bianco e lasciamo evaporare. Aggiungiamo brodo fino a coprire il riso e aggiungiamo lo zafferano, lasciamo cuocere per circa 20 minuti. Nell'attesa aggiungere un po’ di brodo non appena vediamo il riso asciugarsi troppo.
5 minuti prima di togliere la pentola dal fuoco aggiungiamo il grana padano e mantechiamo. Distribuiamo il riso nei piatti ancora caldo.
N.B. questa ricetta è stata tramandata da un ragazzo (Giuseppe Rodoni), aiutante del grande chef "Cèk (Francesco Cattoretti) da la Pista" divenuto a sua volta un grande cuoco di fama a Busto Arsizio, poi trasferitosi a Sirmione diventando a sua volta il presidente degli albergatori, a suo nipote Piero Rodoni che ne conservò la ricetta ma, non potendo cucinare per il 3° concorso gastronomico "Piatto Tipico Casoratese" essendone l'ideatore ed organizzatore, fece cucinare la moglie Dina.
Panàva: minestra con pane. Vecchio piatto Casoratese. Ingredienti : sedano, carote, patate, piselli, cipolle, fagioli, fagiolini, verze, prezzemolo, il tutto tagliato a cubetti, due dadi per il brodo, due spicchi d’aglio, un pezzetto di lardo, cotenna di maiale e cipolla per il soffritto. Preparazione. Il giorno prima si prepara il minestrone di verdura. Si fa il soffritto sopradescritto lasciandolo appassire per alcuni minuti, quindi si aggiunge l’acqua bollente e le verze e si lascia cuocere per circa due ore. Il giorno dopo si mette a bagno del pane misto raffermo e si lascia macerare nell’acqua per alcune ore, quindi si aggiunge il minestrone e lo si lascia cuocere finché il pane non si scioglie completamente. ( allora la panàva è pronta). È facoltativa l’ aggiunta di un po’ di latte freddo a cottura ultimata. Questa ricetta è stata pubblicata su “ Casorate oggi “ in occasione del piatto del cucù come : 1° classificato più premio speciale “ vecchia cucina Casoratese “ presentato dalla signora Giuliana Daltin .
Minestra d’órz: tra le minestre, piatto comune dei nostri nonni, ricordiamo la minestra d’orzo, che si preparava mettendo a cuocere a fuoco lento per circa tre ore piedini di maiale, patate, carote, fagioli, lardo e pancetta tritati, orzo perlato (tratto dal calendario 1985 Biblioteca di Somma L.)
'Pàñ còtt: in una padella si mette un poco d'olio, dado e pane, si aggiunge acqua fino ad assorbire formando un pastone, si fa bollire per circa un quarto d’ora poi si serve nel piatto con l’aggiunta di una buona spolverata di formaggio.
Süpa: si faceva bollire acqua con un po' d'olio, cipolla, sedano, sale. Appena pronta si versava in una tazzina e s'immergeva il pane fatto in casa raffermo o duro e si mangiava la zuppa.
Büþéca: era un classico piatto in brodo che si gusta tutt’ora. La trippa si compera già pulita e cotta dal macellaio. Si fanno rosolare alcune cipolle con un po’ di burro, della pancetta tritata e qualche foglia di salvia. Si taglia a pezzetti la trippa, la si fa insaporire nel soffritto preparato, poi si aggiunge del brodo con sedano e carote a fettine. Occorrono quattro ore di cottura per la trippa di vitello, sei per quella di manzo. Quando è cotta, la si versa nei piatti, sopra a fette di pane francese cosparse di pepe e formaggio grattugiato (tratto dal calendario 1985 Biblioteca Somma L.)
Riþ e curàva: "la curàva", è il polmone che un tempo veniva utilizzato in cucina per la preparazione di una saporita minestra. Eccone la ricetta. Far bollire un pezzo di polmone di vitello per 20 minuti dopo averlo bel lavato. Tagliarlo a dadini e metterlo ad insaporire nella pentola dove si sono fatti colorire burro, pancetta tritata, cipolla a fettine e qualche foglia di salvia. Si lascia rosolare per un quarto d’ora, poi si aggiunge acqua o brodo e, quando bolle, il riso (tratto dal calendario 1985 Biblioteca Somma L.)
Cazœra: tipico cibo invernale e rituale prima colazione del giorno di Natale, si preparava con cavoli che avevano già preso il gelo e risultavano più teneri alla cottura, costine e cotiche di maiale, salamini, verdure. Eccone la ricetta: far rosolare in gr. 20 di burro una cipolla affettata, unire qualche cotica fresca di maiale e, quando tutto è ben colorito, salare e coprire d’acqua, lasciando cuocere finché l’acqua non si è asciugata. Si aggiungono le costine e si fanno cuocere per una mezz’oretta, facendole insaporire bene, poi si uniscono sedano e carote a fettine e, quando anche questi sono cotti, si aggiungono il cavolo e i salamini, lasciando cuocere ancora per 20 minuti. La “cazœra“ deve essere umida e un po’ collosa (tratto dal calendario 1985 Biblioteca Somma L.).
Stüàa d'àþin: (stufato) rinomato a Casorate lo stufato d’asino che tradizionalmente si cucina a S. Ilario patrono di Casorate il 13 gennaio in tutte le osterie e famiglie. Ingrediente fondamentale è la carne di asino novello, ingredienti e dosi per quattro persone: 500 gr. di carne di asino, 1 cipolla, olio, 1 carota, 1 sedano, 1 bicchiere di vino rosso, 2 cucchiai di salsa di pomodoro, funghi secchi, 1 foglia di alloro. Si cucina come il classico stufato.
Pulàstar in dal stüéñ: il pollo, naturalmente ruspante, riusciva particolarmente gustoso cucinato “in dal stüéñ“. In un capace recipiente di terracotta si metteva il pollo tagliato a pezzi con patate, carote, sedano, salvia e rosmarino; poi, con l’aggiunta di strutto, sale e pepe, si cuoceva a fuoco lento per tre ore nella cenere del camino (tratto dal calendario 1985 Biblioteca Somma L.)
Pulénta: acqua, farina gialla, sale quanto basta. Dose consigliata: gr. 200 per litro. Quando l’acqua è in ebollizione si versa la farina un po’ alla volta rimestando con la “canèla“ (abbassate eventualmente la fiamma se usate un fornello a gas) e si rimena (“trüºa”) fino alla cottura che deve essere almeno di 30-40 minuti.
Con la polenta eventualmente avanzata (certamente non avete le galline altrimenti non avreste neanche bisogno di imparare la ricetta) si possono preparare alcuni piatti:
Pulénta rustìva: tagliatela a fette sottili (circa 1 cm.) e rosolatela con olio, burro e cipolle.
Pulénta cumudàva: tagliatela a fettine e mettetela in forno, alternando strati di polenta con fettine di formaggio, burro e un po’ di latte.
Pulénta e làcc: mettete la polenta fredda in una tazzina con il latte caldo invece del pane.
Rustisciàva | Rüstisciàda: fritto di cipolle con lombo e salsiccia.
Fabúñ: condimento o soffritto.
Insalata e ciàpp: insalata e uova (piatto tradizionale di Pasquetta). Ingredienti: insalata, uova sode affettate, olio e aceto, sale e pepe.
Cutìscia: era una tipica frittella fatta con farina mescolata con acqua o latte e un pizzico di sale: la pastella, piuttosto liquida, si versava nell’olio bollente e si otteneva una grossa frittella dorata e croccante che era servita cosparsa di zucchero (tratto dal calendario 1985 Biblioteca Somma L.)
Brüþèla: era una specie di focaccia molto semplice, ottenuta con gli avanzi dell’impasto del pane casereccio (fatto con farina di frumento mescolata a farina di segale). Si stendeva la pasta del pane, si spalmava leggermente di burro, si decorava con fichi o con acini d'uva americana e, dopo averla spruzzata di zucchero, si cuoceva nel forno a legna insieme al pane (tratto dal calendario 1985 Biblioteca Somma L.)
Cafelàcc : latte bollito con aggiunta di caffè.
Rüsümàva | Rüsümàda: uovo sbattuto con zucchero. Si prende un uovo di giornata, si separa il tuorlo dall’albume, si monta la chiara a neve in una tazzina con lo “sbatéñ ” (montachiare: attrezzo di metallo fatto a spirale a forma di cono), si butta il tuorlo nella chiara montata a neve, si aggiunge lo zucchero e si sbatte un poco per mischiare il tutto; alla fine si può aggiungere un goccio di marsala o vino, (anche caffè). Si mangia con pane a pezzetti intingendolo nel bicchiere della “rüsümàva“, a merenda o per cena.
Zabajúñ: zabaione : crema spumosa che si ottiene sbattendo tuorli d’uova con zucchero, aggiungendovi marsala o altro vino liquoroso, e cuocendo a bagnomaria.
Làcc e véñ: una scodella di latte freddo (quello messo nel pozzo al fresco) con l’aggiunta di mezzo bicchiere di vino pisarèl o strasciapàta (era il vino che si faceva a Casorate, vedi voce sul "vacabulari") e zucchero a piacere.
Pult: farinella finissima bianca e gialla, che si ricava dalla macinatura del granoturco (scarto di macinatura), cotta in acqua e sale, somigliava alla terra impastata.
Si mangiava molto calda nel latte fresco e freddo.
Fritüra da sàngh rustì: tagliate a fettine il sangue di pollo rappreso, infarinatelo e friggetelo con burro e cipolla trita già ben arrossata. Servite caldo con contorno d'insalatina fresca.
Aghétt: - (testicoli del toro) — Fate bollire i testicoli nell’acqua bollente, a cottura avvenuta, incidete con un coltello la pelle che li avvolge e toglietela. Tagliateli a fette e poi cucinatele come se fosse “lingua salmistrata”. Ottimi trifolati con i funghi della nostra brüghéra.
San-carléñ: un chilo di “furmagìna”, uno spicchio d’aglio, una manciata di prezzemolo tritato, una “presa” di pepe, sale quanto basta.. Impastare tutti gli ingredienti a freddo, poi mettere il tutto in una terrina. Lasciarlo stagionare dai quindici ai quaranta giorni.
Per le nostre nonne l'operazione era più complessa ma i risultati erano diversi. Si versava il latte appena munto in grosse ciotole di terracotta e si ponevano accanto al fuoco per ottenere la quagiava (caglio).La panna che si depositava in superficie veniva tolta per farne il burro. Si incideva poi il caglio con un taglio a croce per facilitare la fuoriuscita del siero e si versava il tutto in formelle forate di legno o alluminio. Le formaggine così ottenute erano pronte per essere usate fresche con la polenta o in insalata oppure conservate sotto forma di Sancaléñ (sancarlino). Questo si otteneva impastando le formaggine con olio, sale e molto pepe.
Furmagìna: latte fermentato; si lascia riposare il latte in una pentola, poi si toglie la panna per fare il burro. Dopo una giornata circa diventa “quagiàva” si mette nel “tajé” lasciandola scolare per perdere il “sarúñ”, dopo di che è pronta la «furmagìna».
Riþ in cagnúñ: portare ad ebollizione abbondante acqua salata, versarvi il riso e cuocerlo a recipiente scoperto,
mescolando spesso. Quasi a fine cottura (deve rimanere piuttosto al dente) far dorare il burro con lo spicchio d'aglio e alcune foglie di salvia. Scolare il riso, come già detto, al dente, versarlo in una terrina precedentemente scaldata con acqua bollente e asciugata, condirlo con il burro aromatizzato alla salvia (ricordarsi di eliminare prima aglio e salvia).
Cospargete infine con il formaggio grattugiato, rimescolare e servire subito su piatti caldi.
Buon appettito a tutti da Piero Rodoni (ciúñ)
Non per "baüscià" (vantarmi) ma qualche piatto l'ho cucinato, avrò ereditato da mio zio che è stato un grande cuoco nel suo ristorante in Busto Arsizio (è stato un allievo del "Cèk da la Pista"* ex propritario e cuoco rinomato del "ristorante della Pista"* di Casorate sempione).
* vedi voce in Toponomastica\Pìsta
Primo "Piatto del cucù" 1988
Secondo "Piatto del cucù" 1992
Terzo "Piatto del cucù" 2012? spero di si con la collaborazione della Pro loco
Ecco le nostre bravissime volontarie che servirono il pranzo: magistralmente, con "savoir faire". sono state eccezionali.
Da sinistra: Manuela, Laila, Francesca, Valentina.